
Una nota “ribelle” sul pentagramma.
Un’arricciatura che compare all’improvviso sul polso, un’imbastitura che fluttua nell’aria. Una flanella di lana che si innamora della seta. Le Sarte Pettegole è la perfezione dettata da una casualità apparente.Punti “dimenticati”, fili in sospeso, tessuti dicotomici che trovano punti in comune.
Quasi a dire che nulla è prevedibile, che tutto può accadere.
Lo stupore scaturisce proprio dalla bellezza dell’imprevisto.Cosa fanno, le sarte, mentre lavorano? Chiacchierano, parlano mentre le mani abili tracciano filze, creano asole, imbastiscono, tagliano. I fotogrammi che compongono il film racchiusi in una frase della stilista mentre sdifetta prototipi in sala prove: “ma queste sarte pettegole se anziché cianciare tutto il giorno pensassero a…!”
L’imprecisione virtuosa produce il Nuovo.
La ricerca profonda scorre sotto le stampe esclusive, introvabili altrove; dietro gli archivi di tessuti retro, nel vigore di un filo dorato che irrompe sul carré liscio e sulla linea del polso.
Con Ironia, con grande cultura delle Moda. Perché la donna che indossa questi capi è simile a quella che li crea: non omologata, dall’anima sbarazzina, capace di giocare con il maschile eppure profondamente femminile.Nell’apparente anarchia, nell’incontro casuale di uno jacquard e di un tartan, la traccia della sartorialità geniale e non omologata lascia il suo segno.
Stravagante, ilare, sbarazzina come la donna che la sceglie. Incline al “coup de theatre”. Mai banale.