Martina Cavallarin
Mostriamoci fragili
È il consiglio alle donne di MARTINA CAVALLARIN che aggiunge: «Dobbiamo tutte prenderci cura di noi, in profondità»
di Cristina Manfredi

Critica d’arte, saggista, curatrice di molteplici mostre e progetti legati alla scena contemporanea. Martina Cavallarin è nata a Venezia, ma è cresciuta professionalmente a Milano, dove ha cominciato con la Fondazione Mazzotta, per poi vivere un’esperienza che lei stessa definisce straordinaria come coordinatrice culturale e scientifica di Achille Bonito Oliva.
È da poco tornata a vivere all’ombra di San Marco, perché in cerca di una lentezza carica di umanità.
Nel tuo lavoro, come riconosci l’autenticità di chi ti sta di fronte?
«L’onestà intellettuale è alla base della ricerca che poi porta al gesto artistico. È un qualcosa che spesso ha bisogno di tempo per emergere, ma quando finalmente trapela, fuga ogni dubbio in chi sta di fronte.
Mi capita di confrontarmi con artisti anche molto affermati, eppure c’è una frase che continua a risuonarmi in testa, un “Non ti credo” che a quel punto mi mette in allarme, mi fa capire che non sono fino in fondo autentici».
Quanto sono autentiche le donne oggi?
«Temo che siamo tutte ancora convinte di doverci in qualche modo nascondere o mascolinizzare.
Non parlo di un orientamento sessuale, ma del fatto che per affermarci nel mondo continuiamo a camuffare le nostre fragilità. Il che è un peccato perché ci impedisce di vivere rapporti più significativi.
Il ruolo della donna nel mondo è tuttora irrisolto e a volte ho l’impressione che rischiamo il passo del gambero. Non diamo per scontate le libertà che abbiamo conquistato».
Cosa può fare ogni donna per liberare la parte più vera?
«Prendersi cura di sé in profondità. Coltivare il proprio modo di intendere il femminile e trovare il tempo anche di dare attenzione agli altri: accettare la lentezza endemica ci fa riscoprire il piacere di parlare con gli altri, di scambiare un sorriso sincero».


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«Noi donne siamo ancora convinte di doverci mascolinizzare per affermarci nel mondo, continuiamo a camuffare le nostre fragilità, il che è un peccato perché ci impedisce di vivere in modo significativo».
«Impariamo a prenderci davvero cura di noi e accettiamo la lentezza per riscoprire il piacere di parlare con gli altri, di scambiare un sorriso sincero».
«L’onestà intellettuale è un qualcosa che spesso ha bisogno di tempo per emergere, ma quando finalmente trapela ci definisce autentiche»